Il Museo

Piano TerraPrimo Piano Secondo Piano

 

Internazionale, gennaio 1916

Un mito contrastato
Subito dopo la notizia della sua morte, che provocò enorme sgomento tra i correligionari, cominciò a prendere corpo il mito di Corridoni.  A Milano il 31 ottobre 1915, a una settimana dalla morte, su iniziativa dell’Unione Sindacale Milanese, del Fascio Interventista e del Partito Repubblicano, si svolse una grandiosa manifestazione con un corteo di migliaia di lavoratori per commemorare il caduto alla Trincea delle Frasche. Nel novembre Alceste De Ambris scrive dal fronte ai sindacalisti di Parma: “…per quanto si faccia e si dica, non possiamo consolarcene. La perdita che abbiamo sofferto è troppo grave…Bisogna chiedere al Comune di Parma che intitoli a Filippo Corridoni una via della città…” E così avvenne. Il Sindaco repubblicano Olivieri intitola Borgo dei Minnelli, nel cuore dell’Oltretorrente, la via di tante rivolte popolari, a Corridoni. Anche la sua città natale, Pausula, immediatamente si mobilita nel dicembre del '15, formando un comitato per celebrare il proprio figlio morto per la patria, che tanto aveva combatturo a fianco dei lavoratori. Pippo diviene in quegl’anni la bandiera del sindacalismo ancor più che in vita. E simbolo, via via crescente, di una memoria contesa, quella dell’interventismo democratico e rivoluzionario. Il poeta sindacalista Ildebrando Cocconi in un’ode a lui dedicata scrive nel 1922: “Tu non sei morto. La convulsa plebe / guarda ancora alla grande ombra serena…D’ogni schiera ribelle eri tu il duce/d’ogni serva tirannide il terrore,/d’ogni piazza in tumulto eri l’ardore,/d’ogni attesa di popolo la luce…sei l’Italia plebea che mai non muore,/sei l’Ideale che non ha tramonti!” Fino al 1923 la sua memoria rimane patrimonio delle correnti rivoluzionarie e antifasciste. Ma a poco a poco, nello spegnersi delle libertà, il fascismo e direttamente Mussolini si appropriarono del mito corridoniano, attraverso un’operazione di autorappresentazione come forza popolare e antiborghese, ma soprattutto richiamandosi all’interventismo come proprio esclusivo patrimonio ideale.